Movies & Co. 4 School

Questo blog è stato creato per raccogliere, analizzare, confrontare, dibattere, selezionare, offrire, commentare...film e, in genere, audiovisivi utili per la didattica, sia dal punto di vista del docente, sia da quello dello studente.

mercoledì, luglio 26, 2006

IL POSTINO

Come far amare la poesia ai nostri scapestrati allievi? Domanda quanto meno amletica... Io non pretendo certo di avere la risposta che agognate, ma posso solamente darvi un piccolo suggerimento cinematografico. Questo suggerimento ha un nome, “Il postino”, ed un volto, quello tenero e sofferente di Massimo Troisi. Il film, del 1994, è stato più volte osannato e portato sugli altari della cinematografia e, soprattutto, della vita reale, in quanto ultima intensissima e commovente testimonianza dell’anima di Troisi, interprete e regista, deceduto poco tempo dopo il completamento dell’opera. Ma veniamo al film nelle sue particolarità. L’opera è tratta dal romanzo “Il postino di Neruda” (“Ardente paciencia”) di Antonio Skarmeta, anche se pesanti modifiche ne mutano il significato, adattandola alla prospettiva italiana di Troisi, ed è ambientata in un non ben identificato paesino del Meridione italiano, “sconvolto” dall’arrivo del poeta Pablo Neruda (Philippe Noiret). Talmente sconvolto, che l’enorme mole di posta che arriva la poeta richiede il lavoro di un postino supplementare, assunto solamente per il periodo di residenza di Neruda. Un giovane del posto, che non ha voglia di fare il pescatore, Mario, viene così a contatto con l’affascinante personalità del poeta, che lo introdurrà nel mondo della parola, che lo aiuterà nel corteggiamento di una bella ragazza locale (è il film che ha lanciato Maria Grazia Cucinotta) e che farà anche da testimone di nozze. Alla fine, però, Mario si dovrà rassegnare, anche se con dolore, al ritorno del poeta in patria.
Perchè questo film dovrebbe aiutarci ad avvicinare i ragazzi alla poesia? Perchè l’opera in questione è un vero e proprio inno alla poesia, svolto non come proclama ma come dimostrazione empirica di ciò che può essere e significare la poesia per una vita, per un uomo, per una comunità, senza proclami, ma semplicemente mostrando e dimostrando i risvolti psicologici e gli stretti legami che la poesia intrattiene con la politica, con l’amore, con la cultura, con la bellezza. La poesia ci permette di vedere veramente queste cose che stanno attorno a noi ogni giorno, ma che noi, traviati da preoccupazioni spesso futili e insignificanti, non sappiamo cogliere. Tutto questo è poesia, che non è solamente parole scritte, a caso o con l’intenzione di fare una rima, su un foglio. Riporto a questo proposito le parole di Lietta Tornabuoni de “La stampa”: “...come a dire che poesia, politica e amore possono essere tutt’uno nella non mutilata passione di vivere; che la poesia può insegnare a parlare e pensare, a riconoscere le emozioni e ad esprimerle, a vedere il mondo e a volerlo cambiare”.
Il film ci permette una visione immediata di questo dato di fatto. Si aggiunga che l’opera è piacevole e divertente e, come si suol dire, “si fa guardare”.

Un problema risolto

Ok, la vostra disastrosissima blogger ha capito come fare a pubblicare i commenti...quindi:scatenatevi pure! Ho anche inserito quelli "antichi". Scusate ancora l'imperizia!

lunedì, luglio 17, 2006

Problemi

Cari lettori, da qualche tempo non riesco più a caricare le immagini su questo blog. Mi scuso moltissimo, ma la mia imperizia tecnologica è evidente, per quanto io non faccia nulla di diverso da quanto facevo prima...
Inoltre, alcuni amici mi hanno comunicato che non riescono più a inserire commenti ai post...anche in questo caso, non so che dire, le impostazioni non sono cambiate!
A presto (spero...) Italy

PANE E ROSE

Flowers Seguendo il filo che attualmente ronza su questo blog, vi consiglio oggi un film che ha a che fare con la sete di libertà e di dignità che ciascuno di noi sente (o, quantomeno, dovrebbe sentire), qualsiasi sia la sua situazione sociale, politica e lavorativa. “Pane e rose” è una delle opere più famose del contestatissimo e scomodissimo regista inglese Ken Loach, girata nel 2000 grazie all’apporto di Gran Bretagna, Spagna, Francia, Germania e Svizzera. Tra gli interpreti si troveranno attori che più tardi hanno raggiunto la palma del successo (e magari dell’Oscar...), come Adrien Brody (il sofferentissimo protagonista de “Il pianista” di Polanski) e Benicio Del Toro (da ricordare la sua parte in “Traffic” di Sodenberg).
Già splendido è il titolo, che richiama uno slogan sindacale del 1912, ma che attualissimo, soprattutto nel background in cui si immagina svolta la vicenda, cioè gli Stati Uniti, il sogno americano degli immigrati clandestini messicani, sottopagati, sfruttati e spesso espulsi. Il pane del titolo sta a simboleggiare una paga giusta, che assicuri la sopravvivenza, mentre le rose sono la dignità che ognuno ha il diritto di richiede dal prossimo, ed anche quelle piccole gioie quotidiane che rendono la vita degna di essere vissuta.
Seguiamo così la vicenda di Maya (Pilar Padilla), che entra clandestinamente negli U.S.A. dal Messico per raggiungere la sorella a Los Angeles, per scoprire che il cognato, ammalatosi di diabete, ha perso lavoro e copertura assicurativa, mentre lei sarà costretta a lavorare in un’impresa di pulizie che paga una miseria gli operai perchè rendano splendente un palazzo in cui lavorano gli avvocati delle star cinematografiche. Ci troviamo perciò catapultati nel mondo di Maya, fatto del disagio e della disperazione della working class, ma anche della luce di speranza rappresentata da Sam (Brody), sindacalista anarchico, che con il suo movimento “Justice for Janitors” mirerà prima di tutto a mettere in imbarazzo, durante occasioni pubbliche, i ricchi proprietari per spingerli ad offrire contratti migliori. Il finale è, in generale, un happy end, nel senso che i lavoratori, per una volta vincono, ma l’amaro resta nella bocca dello spettatore, in quanto Maya, che ha rubato la somma necessaria per far andare all’università un amico immigrato, verrà espulsa dagli Stati Uniti.
L’obiettivo dell’insegnante dovrebbe essere quello di far sorgere negli studenti la seguente domanda paradossale: perchè le multinazionali del paese più ricco del mondo devono fare ulteriori profitti sui magri salari degli immigrati costretti ai lavori più umili? Naturalmente lo scopo non deve essere un antiamericanismo di principio, ma una riflessione sulle condizioni di vita di milioni (miliardi) di persone nel mondo, che sostengono realmente il nostro tenore di vita e la nostra ricchezza. L’ambientazione negli U.S.A. è paradigmatica e simbolica, se consideriamo, inoltre, che questo è il primo film di Loach in terra americana.
Il dibattito a conclusione o a contorno del film è d’obbligo e assicurato, e consigliata è anche la visione di un ciclo di film sull’argomento, magari accompagnati da qualche interessante lettura a tema. Devo dire, per esempio, che il contrasto tra ricchi e famosi e beneficenza di facciata mi ha ricordato l’inizio del film “Amore senza confini”, un’opera che, sotto certi punti di vista sconsiglio, ma che ha alcuni spunti molto interessanti.

ATTENZIONE: libri consigliati

Reading Recensendo “Alla rivoluzione sulla due cavalli”, mi sono resa conto come la rivoluzione dei garofani portoghese e la guerra civile spagnola siano due realtà molto trascurate nella memoria collettiva, in generale, e nella didattica scolastica, in particolare. A questo proposito, oltre a suggerire film, mi permetto di consigliare due libri di fresca uscita sulla guerra civile spagnola, che possono dare man forte al già troppo sfruttato “Per chi suona la campana”. Si tratta di “Morte di un traduttore” di Ignacio Martinez De Pison (14.50 e.) e di “I girasoli ciechi” di Alberto Mendez (12.50 e.), entrambi editi da Guanda. Il primo libro si configura come un’opera di protesta e di denuncia contro i crimini commessi durante a guerra e contro la cecità di ogni dogma, per l’affermazione della giustizia e della dignità umana, a partire dalla vicenda di Josè Robles Pazos, scrittore e traduttore rapito nel 1936 dai servizi segreti sovietici a Valencia e mai più ricomparso, e di John Dos Passos, autore di “Manhattan Transfer”, ultimo libro tradotto da Robles, che si mise alla ricerca dell’amico, scontrandosi con il solito muro di gomma.Il secondo libro, invece, fu un vero e proprio caso letterario: l’autore, morto nel 2004, lo scrisse proprio per restituire alla Spagna il senso della tragedia che aveva vissuto, permettendo ai lettori di concepire l’orrore della guerra non come un’unica grande sconfitta, ma come la somma di molte e quotidiane solitudini, paure, vite mutilate. Il libro si compone infatti di quattro racconti, legati impercettibilmente tra loro, che mostrano quattro vite a confronto con l’insensatezza della guerra e la disperata voglia di sopravvivere, anche da vinti.

lunedì, luglio 03, 2006

APPELLO DEI DOCENTI PRECARI SSIS

Cari colleghi docenti, se siete sissini disperati (...), sappiate che è in corso una mobilitazione per ottenere i giusti diritti che ci sono stati fin qui negati. Per maggiori informazioni, anche se come partecipare attivamente, andate sul blog Fedora (http://emanuelepennini.blogspot.com), mentre un'altra iniziativa è promossa su www.orizzontescuola.it/article11007.html e www.orizzontescuola.it/article11000.html
Uniti ce la possiamo fare!!! Teacher Day