I COLORI DELL'ANIMA
Il film che vorrei proporvi oggi è un’opera che ho avuto modo di vedere molto di recente e perciò vi dirò le mie impressioni a caldo.
Sto parlando di “I colori dell’anima”, una co-produzione del 2004 americana, francese, tedesca, italiana, rumena ed inglese, per la regia di Mick Davis. L’affollata produzione non deve però indurre a pensare che si tratti di un colossal nè tanto meno di una pietra miliare della storia del cinema.
Il film rievoca la vita e le opere di Amedeo Modigliani, uno degli artisti più interessanti del ‘900, il quale, “esiliato” dall’Italia, si rifugiò a vivere e dipingere in Francia, a Parigi. In sintesi la trama si può risolvere così: nel 1919, dopo la Grande Guerra, la vita notturna torna intensa e passionale, tra fiumi d’alcool, droghe “poetiche” e amori sfrenati. Così si amano anche Amedeo Modigliani (Andy Garcia), detto dagli amici francesi Modì, e Jeanne Hebuterne (Elsa Zylberstein), anzi, sarebbe il caso di dire, tra l’ebreo e sregolato Modì e la cattolica e borghese Jeanne. La famiglia di lei, infatti, non accetta il pittore come compagno della figlia ed il padre arriva a sottrarre alla coppia la figlioletta. Per quanto riguarda invece la vita pubblica, Modì si trova a rivaleggiare con il famoso e ricco Picasso (Omid Djalili), in un rapporto amore-odio. Una vita del genere, però, non può certo durare, arrivando così alla “catastrofe” finale.
In questo spazio consiglio il film sostanzialmente ai docenti di arte che vogliano proporre uno sguardo diverso su Modigliani ai loro ragazzi, ma, devo dire, in mancanza di meglio.
Il cammino artistico del pittore è, infatti, completamente trascurato, così come la genesi dei suoi dipinti, che arrivano (nel film) ad essere realizzati in una sola notte, e non solamente quelli di Modigliani (si vede la sequenza che precede il concorso d’arte). Il film è utile per l’atmosfera malinconica e crepuscolare con cui dipinge Parigi, per la descrizione della vita bohemienne dei suoi artisti, ma, dal punto di vista tecnico, nulla rimane. Al centro della vicenda stanno l’amore tra Modì e Jeanne, molto romanzato, e il contrasto tra Modì e Picasso, il quale, però, viene dipinto come un ciccione molto sudato, molto isterico, molto arrogante (questo può essere...), con una splendida moglie (Eva Herzigova), molto senso pratico e poca arte. Durante la visione mi sono più volte chiesta come gli eredi di Picasso abbiano accolto il film...
Insomma, i difetti sono tanti, come la sceneggiatura debole, che presenta dialoghi stereotipati, ritmo lento, personaggi al limite dell’assurdo, un Andy Garcia che spara a raffica i suoi sguardi sornioni ma che si muove troppo perchè deve dare corpo ad un italiano (tipico pregiudizio), la concezione di fondo che un artista, per essere grande, deve vivere al limite della follia, tra eccessi e desolazione, perchè “eh, è un artista...”. Il prodotto finale, tuttavia, è rispettabile almeno per lo sforzo e proponibile in classe, con i dovuti avvertimenti ai ragazzi di non prendere come oro colato tutto ciò che vedono, se non altro perchè non c’è di meglio. Del resto, stesso destino inglorioso è finora toccato anche al Picasso di Anthony Hopkins e al Pollock di Ed Harris...mal comune, mezzo gaudio!
Il sito ufficiale è:
http://www.luce.it/istitutoluce/film/modiglianisito/remote-modigliani.htm
Sto parlando di “I colori dell’anima”, una co-produzione del 2004 americana, francese, tedesca, italiana, rumena ed inglese, per la regia di Mick Davis. L’affollata produzione non deve però indurre a pensare che si tratti di un colossal nè tanto meno di una pietra miliare della storia del cinema.
Il film rievoca la vita e le opere di Amedeo Modigliani, uno degli artisti più interessanti del ‘900, il quale, “esiliato” dall’Italia, si rifugiò a vivere e dipingere in Francia, a Parigi. In sintesi la trama si può risolvere così: nel 1919, dopo la Grande Guerra, la vita notturna torna intensa e passionale, tra fiumi d’alcool, droghe “poetiche” e amori sfrenati. Così si amano anche Amedeo Modigliani (Andy Garcia), detto dagli amici francesi Modì, e Jeanne Hebuterne (Elsa Zylberstein), anzi, sarebbe il caso di dire, tra l’ebreo e sregolato Modì e la cattolica e borghese Jeanne. La famiglia di lei, infatti, non accetta il pittore come compagno della figlia ed il padre arriva a sottrarre alla coppia la figlioletta. Per quanto riguarda invece la vita pubblica, Modì si trova a rivaleggiare con il famoso e ricco Picasso (Omid Djalili), in un rapporto amore-odio. Una vita del genere, però, non può certo durare, arrivando così alla “catastrofe” finale.
In questo spazio consiglio il film sostanzialmente ai docenti di arte che vogliano proporre uno sguardo diverso su Modigliani ai loro ragazzi, ma, devo dire, in mancanza di meglio.
Il cammino artistico del pittore è, infatti, completamente trascurato, così come la genesi dei suoi dipinti, che arrivano (nel film) ad essere realizzati in una sola notte, e non solamente quelli di Modigliani (si vede la sequenza che precede il concorso d’arte). Il film è utile per l’atmosfera malinconica e crepuscolare con cui dipinge Parigi, per la descrizione della vita bohemienne dei suoi artisti, ma, dal punto di vista tecnico, nulla rimane. Al centro della vicenda stanno l’amore tra Modì e Jeanne, molto romanzato, e il contrasto tra Modì e Picasso, il quale, però, viene dipinto come un ciccione molto sudato, molto isterico, molto arrogante (questo può essere...), con una splendida moglie (Eva Herzigova), molto senso pratico e poca arte. Durante la visione mi sono più volte chiesta come gli eredi di Picasso abbiano accolto il film...
Insomma, i difetti sono tanti, come la sceneggiatura debole, che presenta dialoghi stereotipati, ritmo lento, personaggi al limite dell’assurdo, un Andy Garcia che spara a raffica i suoi sguardi sornioni ma che si muove troppo perchè deve dare corpo ad un italiano (tipico pregiudizio), la concezione di fondo che un artista, per essere grande, deve vivere al limite della follia, tra eccessi e desolazione, perchè “eh, è un artista...”. Il prodotto finale, tuttavia, è rispettabile almeno per lo sforzo e proponibile in classe, con i dovuti avvertimenti ai ragazzi di non prendere come oro colato tutto ciò che vedono, se non altro perchè non c’è di meglio. Del resto, stesso destino inglorioso è finora toccato anche al Picasso di Anthony Hopkins e al Pollock di Ed Harris...mal comune, mezzo gaudio!

Il sito ufficiale è:
http://www.luce.it/istitutoluce/film/modiglianisito/remote-modigliani.htm