IL NUOVO MONDO

Nel nostro zigzagare veloce tra le pellicole “didatticamente valide”, arriviamo d’un balzo dagli anni ’60 di Fellini ai giorni nostri, con la proposta di un film attualmente nelle sale, “The new world” di Terrence Malick, il registra che nel 1997 firmò “La sottile linea rossa” (di cui magari un giorno parleremo...). Tra gli interpreti, il nuovo divo hollywoodiano Colin Farrell, la quindicenne e bravissima Q’Orianka Kilcher, Christian Bale (già visto in “Batman-The begin”) e il grande vecchio Christopher Plummer.
In sintesi, la trama è questa: nel 1607 alcune navi inglesi arrivano sulle coste della Virginia. Il capitano John Smith riceve l'incarico di esplorare la regione, ma viene fatto prigioniero dalla tribù Powhatan. La figlia del capo riesce a salvargli la vita e si innamora di lui. Successivamente, però, Smith torna in patria, la principessa viene accolta dalla comunità inglese, si converte al cristianesimo, sposa un colono, da cui ha un figlio, viene poi condotta in Inghilterra, ricevuta a corta dal re Giacomo I, e muore a ventidue anni durante il viaggio di ritorno nel nuovo mondo. Vi ricorda qualcosa? Ebbene sì, la storia appena narrata è proprio quella, realmente accaduta, narrata nel famoso film Disney “Pocahontas”, ma quale differenza con il film di Malick!
Quest’opera è assolutamente da consigliare nel caso stiate trattando, ovviamente, la scoperta dell’America e il successivo incontro/scontro con le popolazioni indigene, ma la consiglio anche ai docenti che stanno trattando la questione del razzismo, dell’intolleranza, del difficile rapporto tra i popoli e le etnie, tra Occidente e “mondi altri”. Inoltre, da un punto di vista tecnico, il film brilla per le caratteristiche tipiche della regia di Malick: la lentezza che si specchia nell’erba modellata dal vento, nei mari e nei fiumi, nelle nuvole di uccelli che spazzano il cielo, la metafora della vita che si spiega nella voce fuori campo che fa da coro greco, poesia, metafisica. Il film risulta obiettivamente troppo lungo, a causa di un certo compiacimento nella scrittura di Malick (che firmato 4 film in 33 anni!), ma un po’ di tranquillità può essere contrapposta alla frenesia della vita contemporanea (e del cinema che la insegue...). La principessa diviene metafora del progresso “sostenibile”: è umana, si inserisce nel sistema per cambiarne le regole senza scontri o strappi, si integra nei nuovi limiti. Gli indiani, mai così veri, diventano metafora della felicità a cui parrebbe destinato l’uomo, ma che non riesce a raggiungere nella rigida società europea, troppo lontana dal paradiso che sta per perdersi.
Importantissimo, quindi, un approfondimento possibile sul tema delle regole, che possono ferire e limitare, ma che si rendono necessarie nel momento dell’incontro di realtà diverse e, per certi versi, incompatibili.Anche in questo caso, comunque, è necessaria la stretta supervisione del docente, che selezioni gli spezzoni migliori, elimini le lungaggini e spieghi i collegamenti.
In sintesi, la trama è questa: nel 1607 alcune navi inglesi arrivano sulle coste della Virginia. Il capitano John Smith riceve l'incarico di esplorare la regione, ma viene fatto prigioniero dalla tribù Powhatan. La figlia del capo riesce a salvargli la vita e si innamora di lui. Successivamente, però, Smith torna in patria, la principessa viene accolta dalla comunità inglese, si converte al cristianesimo, sposa un colono, da cui ha un figlio, viene poi condotta in Inghilterra, ricevuta a corta dal re Giacomo I, e muore a ventidue anni durante il viaggio di ritorno nel nuovo mondo. Vi ricorda qualcosa? Ebbene sì, la storia appena narrata è proprio quella, realmente accaduta, narrata nel famoso film Disney “Pocahontas”, ma quale differenza con il film di Malick!
Quest’opera è assolutamente da consigliare nel caso stiate trattando, ovviamente, la scoperta dell’America e il successivo incontro/scontro con le popolazioni indigene, ma la consiglio anche ai docenti che stanno trattando la questione del razzismo, dell’intolleranza, del difficile rapporto tra i popoli e le etnie, tra Occidente e “mondi altri”. Inoltre, da un punto di vista tecnico, il film brilla per le caratteristiche tipiche della regia di Malick: la lentezza che si specchia nell’erba modellata dal vento, nei mari e nei fiumi, nelle nuvole di uccelli che spazzano il cielo, la metafora della vita che si spiega nella voce fuori campo che fa da coro greco, poesia, metafisica. Il film risulta obiettivamente troppo lungo, a causa di un certo compiacimento nella scrittura di Malick (che firmato 4 film in 33 anni!), ma un po’ di tranquillità può essere contrapposta alla frenesia della vita contemporanea (e del cinema che la insegue...). La principessa diviene metafora del progresso “sostenibile”: è umana, si inserisce nel sistema per cambiarne le regole senza scontri o strappi, si integra nei nuovi limiti. Gli indiani, mai così veri, diventano metafora della felicità a cui parrebbe destinato l’uomo, ma che non riesce a raggiungere nella rigida società europea, troppo lontana dal paradiso che sta per perdersi.
Importantissimo, quindi, un approfondimento possibile sul tema delle regole, che possono ferire e limitare, ma che si rendono necessarie nel momento dell’incontro di realtà diverse e, per certi versi, incompatibili.Anche in questo caso, comunque, è necessaria la stretta supervisione del docente, che selezioni gli spezzoni migliori, elimini le lungaggini e spieghi i collegamenti.