VOGLIA DI TENEREZZA
Vi sembrerà strano che in un blog dedicato alla didattica ci sia posto per un film come “Voglia di tenerezza”, ma, d’altra parte, vi ho già stupiti con “Full Monty”, quindi me lo posso permettere...
Perché proporre “Voglia di tenerezza”? Beh, l’idea è venuta ad un mio professore della S.S.I.S., ed io ve la giro. Questo film non è altro che la rivisitazione, in chiave moderna, di un famoso dramma di Euripide, l’“Alcesti”. L’opera di Euripide in realtà è un dramma satiresco, il che significa che, pur avendo tutti gli elementi di un dramma, presenta una fine lieta (in questo caso, niente a che vedere con i satiri, a differenza del dramma satiresco classico). Nel caso di “Voglia di tenerezza”, invece, la fine non è per niente lieta, ma tant’è, i personaggi ci sono tutti.
L’opera cinematografica in questione è del 1983 e dimostra assolutamente la sua età nella moda e nelle acconciature dell’epoca. A salvare il tutto, però, ci pensano i protagonisti: una Shirley MacLaine in stato di grazia, una Debra Winger arruffata ma intensa, un Jack Nicholson play-boy in rovina, ed anche un Jeff Daniels che dimostra bene tutta l’indifferenza e la fragilità del suo personaggio. Il regista, James L. Brooks, ha confezionato, tutto sommato, un buon prodotto, che risponde bene allo scopo per cui è stato pensato: e cioè piangere!
Non dimentichiamoci che questi sono gli anni anche di “Love Story”...
Perché proporre “Voglia di tenerezza” a scuola? E come? Beh, c’è da dire che va fatto un forte lavoro preparatorio sul film, spiegando per esempio le nuove funzioni che assumono i personaggi che passano da opera teatrale a film (Alcesti che passa da leggiadra ma forte regina a casalinga disperata, Eracle che diviene astronauta in disgrazia, Admeto che dimostra il suo essere infantile tradendo Emma-Alcesti) e chiarendo il ruolo dei nuovi personaggi (la madre di Emma, l’amica del cuore). È necessario, inoltre, spiegare anche il nuovo finale, con una Alcesti che non torna dal regno dei morti, ma che consegna il marito nelle mani della migliore amica, mentre nel dramma euripideo la protagonista vieta assolutamente al coniuge di risposarsi.
C’è poi da dire che la prima ora e mezza del film, con l’illustrazione dei rapporti di Emma con la madre e con il marito, risulta avere un solo fine, e cioè quello di far affezionare lo spettatore alle vicende della protagonista, per poi infliggergli lo strazio della morte dell’eroina. Interessante invece proprio la scena della morte, assai simile al precedente greco, con Emma che tiene fino in fondo le fila della sua famiglia, che si fa portare i figli, che ammaestra il marito, che consegna la propria famiglia all’Eracle-astronauta.
Insomma, un film da spiegare, da tagliuzzare molto (per questioni di tempo), da far digerire abbattendo alcuni pregiudizi sul genere, ma un film che può sicuramente aiutare a far capire come temi di duemila e più anni fa siano ancora attuali e siano in realtà a fondamento dell’essere uomo.
Perché proporre “Voglia di tenerezza”? Beh, l’idea è venuta ad un mio professore della S.S.I.S., ed io ve la giro. Questo film non è altro che la rivisitazione, in chiave moderna, di un famoso dramma di Euripide, l’“Alcesti”. L’opera di Euripide in realtà è un dramma satiresco, il che significa che, pur avendo tutti gli elementi di un dramma, presenta una fine lieta (in questo caso, niente a che vedere con i satiri, a differenza del dramma satiresco classico). Nel caso di “Voglia di tenerezza”, invece, la fine non è per niente lieta, ma tant’è, i personaggi ci sono tutti.
L’opera cinematografica in questione è del 1983 e dimostra assolutamente la sua età nella moda e nelle acconciature dell’epoca. A salvare il tutto, però, ci pensano i protagonisti: una Shirley MacLaine in stato di grazia, una Debra Winger arruffata ma intensa, un Jack Nicholson play-boy in rovina, ed anche un Jeff Daniels che dimostra bene tutta l’indifferenza e la fragilità del suo personaggio. Il regista, James L. Brooks, ha confezionato, tutto sommato, un buon prodotto, che risponde bene allo scopo per cui è stato pensato: e cioè piangere!

Perché proporre “Voglia di tenerezza” a scuola? E come? Beh, c’è da dire che va fatto un forte lavoro preparatorio sul film, spiegando per esempio le nuove funzioni che assumono i personaggi che passano da opera teatrale a film (Alcesti che passa da leggiadra ma forte regina a casalinga disperata, Eracle che diviene astronauta in disgrazia, Admeto che dimostra il suo essere infantile tradendo Emma-Alcesti) e chiarendo il ruolo dei nuovi personaggi (la madre di Emma, l’amica del cuore). È necessario, inoltre, spiegare anche il nuovo finale, con una Alcesti che non torna dal regno dei morti, ma che consegna il marito nelle mani della migliore amica, mentre nel dramma euripideo la protagonista vieta assolutamente al coniuge di risposarsi.
C’è poi da dire che la prima ora e mezza del film, con l’illustrazione dei rapporti di Emma con la madre e con il marito, risulta avere un solo fine, e cioè quello di far affezionare lo spettatore alle vicende della protagonista, per poi infliggergli lo strazio della morte dell’eroina. Interessante invece proprio la scena della morte, assai simile al precedente greco, con Emma che tiene fino in fondo le fila della sua famiglia, che si fa portare i figli, che ammaestra il marito, che consegna la propria famiglia all’Eracle-astronauta.
Insomma, un film da spiegare, da tagliuzzare molto (per questioni di tempo), da far digerire abbattendo alcuni pregiudizi sul genere, ma un film che può sicuramente aiutare a far capire come temi di duemila e più anni fa siano ancora attuali e siano in realtà a fondamento dell’essere uomo.

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